giovedì 1 aprile 2010

Se non ci si butta mai


Il day after dei risultati elettorali è chiaramente un momento di riflessione interna. Dalle prime battute sembra però che la riflessione non sia troppo seria, tanto per cambiare, ma continui o con il solito trasformismo politico o perseguendo strade ai più incomprensibili.

Tante parole: ritornare tra la gente, orecchio a terra, ecc... un leit motiv ormai consolidato utile per ogni sconfitta e per rinfrancare qualsiasi anziano militante, sempre fiducioso nel ritorno del "buon vecchio" PCI, delle sue mobilitazioni e della sua diversità.

A Roma la situazione è strana: se la nostra fatica è far capire all'elettorato la nostra alternatività, Massimo D'Alema chiede a Bersani di riposizionare la barca e intraprendere la linea delle riforme costituzionali e dell'abbattimento del bipolarismo, che secondo lui ha fallito (il problema è che non è il bipolarismo ad essere un fallimento, ma solo uno dei due poli). Forse è un messaggio in codice, altrimenti non capisco come la riforma dello stato possa riprendere il contatto con la società civile.

Un po' più seria l'analisi di Veltroni, al quale però è bene ricordare come lui stesso sia in parte responsabile del fallimento democratico. Tuttavia alcuni spunti sono significativi: necessità di presentare "una narrazione della società alternativa alla destra", "una promessa di cambiamento" vero e progressista, rifiuto alla ricerca ossessionata di alleanze ancora più ampie del vecchio Ulivo ma definizione di una propria linea alla quale gli altri si accoderanno.
Tutto condivisibile ma che non prende in considerazione una delle realtà più penalizzanti: la presenza di una classe dirigente che non rappresenta più una novità agli occhi dell'elettorato, che non può più stupire se non in casi isolati, che non presenta più idee se non la riproposizione di quelle passate. Allora viene ormai il momento di buttarsi, di scommettere su qualche giovane che possa stravolgere la situazione, perchè alle prossime elezioni voglio attendere i risultati con la speranza di vincere e non di tenere. Non si può sempre sperare in un pareggio.

Infine il solito culto della personalità, il merito o le colpe ricadono sempre sul singolo, in questo caso Bersani, e mai sul tutto: se siamo un partito dobbiamo assumere le responsabilità di un fallimento e tutti insieme dobbiamo ricreare le condizioni affinchè non si ricrei.

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