martedì 13 ottobre 2009

Picconaggio alla ditta


Alla convenzione nazionale di domenica scorsa ho sentito dire da Pierluigi Bersani qualcosa come "Bisogna smettersela di picconare la ditta". Con tutto il rispetto mi sono sentito preso in causa, perché appoggio la mozione, quella Marino, che più di tutte vuole un stravolgimento radicale, una rivoluzione del partito, del suo modo di agire nella società e di portare avanti le proprie battaglie.
Allora ho riflettuto: la ditta? cosa vuol dire? esistono azionisti del partito? dipendenti? Mi sembrava una metafora poco azzeccata. Poi ho pensato al buon vecchio PCI e all'idea che ha Bersani di partito: una partito strutturato con un forte verticismo dove i dirigenti dettano la linea e noi semplici iscritti ci dobbiamo esulare dal pensare per rimboccarci le maniche nelle le feste de L'Unità.
Quindi l'idea di ditta era giusta. Allora ho pensato al verbo 'picconare': da l'idea di qualcuno che vuole sfasciare con violenza il partito, o meglio la ditta. Mi sono sentito accusato ingiustamente, perché qui nessuno vuole sfasciare il partito, qui chi vuole farlo nascere e dargli l'energia che avevano altri partiti e altri movimenti culturali quelli siamo noi. Piuttosto se ci si vuole accusare di voler picconare qualcosa, quello di cui ci si può accusare è il voler picconare le incostrazioni, i tappi e i pesi che soffocano il nostro partito: le collusioni con la mafia (Bassolino, Loiero), le strane convergenze con CL o con l'Opus Dei (Binetti, Lupo), chi è impresentabile per leggi non fatte o inciuci con l'avversario (D'Alema, La Torre). Poi c'è stato anche chi ha detto basta con gli attacchi personali dentro il partito, bisogna essere propositivi: si è propositivi quando a ciò che si dice si da un nome e cognome: noi dobbiamo essere il partito della legalità, della laicità, della difesa dei diritti dei cittadini più deboli. Allora, visto che spesso ce ne dimentichiamo è bene farli questi nomi e cognomi e picconare un po' di incrostazioni.

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