martedì 30 marzo 2010

Le mie analisi


Dopo il voto qualsiasi partito responsabile valuta quello che è successo per capire bene la società e quale futuro scegliere per sè.

Dal mio punto di vista occorre analizzare il voto su piani separati: quello locale, quello provinciale, quello regionale ed infine quello nazionale. Per confrontare i dati di questa tornata ritengo il voto alle Europee del 2009 quello per cui la comparazione sia più attendibile delle opinioni dell’elettorato e degli spostamenti di voto: comparare il voto delle attuali regionali (che possono considerarsi un’elezione nazionale visto il numero di elettori chiamati a votare in tutto il paese) con quello delle amministrative dell’anno scorso può deviare l’attenzione da una buona analisi. E’ chiaro infatti come alle elezioni comunali le variabili di voto siano altre rispetto ad una linea politica definita su base regionale o peggio nazionale; alle amministrative influiscono infatti altri fattori rispetto a quelli propriamente politici, come la popolarità e la credibilità di candidati sindaci o consiglieri, dell’una o dell’altra coalizione.

Partendo dal locale i risultati significativi sono tanti:

Il PD, e la coalizione di Errani, tengono bene nei comuni più importanti della provincia (di Rimini parlerò chiaramente dopo), anzi a Cattolica, Santarcangelo e Riccione il consenso attorno al nostro partito tiene o si rafforza. Tutti e tre questi comuni sono guidati da sindaci del PD, al primo mandato e scelti attraverso le primarie , per cui possiamo valutare il sostegno al centro-sinistra come un’ottima valutazione dei primi 10 mesi di governo. I risultati delle primarie per la scelta dei sindaci sono quindi da interpretare come una vera vicinanza del candidato vincente alla società civile, e non solamente al partito; una società civile in questo caso capace di selezionare ottimi amministratori e non semplici figurine elettorali.

Nonostante le tensioni interne, probabilmente nate nel periodo post-primarie, che i partiti di almeno due di questi comuni hanno passato, la nuova linea politica intrapresa sembra essere iniziata quindi con il piede giusto. Buono anche il risultato di Novafeltria, in cui è da segnalare oltre all’ottimo risultato del PD, la capacità di arginare il fenomeno Lega, molto presente negli altri comuni dell’Alta Valmarecchia.

Guardando al piano provinciale gli esiti sono differenti: il cattivo risultato di Rimini, il comune capoluogo e notevolmente più popoloso, traina al ribasso il buon lavoro effettuato dal Partito nella provincia. Lo 0,9% di aumento del Pd su base provinciale è quindi da legare alla “zavorra” Rimini, ancora in calo dopo il 33,2% dell’anno scorso al 32,46%: un lento declino a cui non sembra opporsi alcuna volontà specifica, se non isolata.

Sempre su base provinciale indicativi sono anche i voti espressi agli altri partiti:

L’Udc passa dal 4,4% al 3,1%, informare di conseguenza i leader di tale formazione sul loro peso in termini di rappresentatività, inferiore alla somma di Federazione della Sinistra e Sel-Verdi, anche loro pesantemente sconfitti da questa tornata elettorale. Informiamo anche i nostri di leader sull’importanza di tale partito per il futuro e sul loro vero peso.

Cala significativamente l’Idv, sicuramente in favore della lista Grillo, vera sorpresa di questo turno, che radicalizzerà le posizioni di Di Pietro per la prima volta in confronto con un movimento ancora più “puro” del suo.

Pdl e Lega nord rimangono stabili per quanto riguarda la somma dei voti, per cui è probabilmente l’elettorato di destra (fatico sempre più a chiamarlo di centro-destra) che si sposta all’interno della coalizione da posizioni vicine al Berlusconismo ad altre ancora più rivoluzionarie e squadriste come quelle della Lega.

Importante il gioco delle preferenze: l’Udc esprime 474 preferenze su 4591 voti pari al 10% dei voti ottenuti; Federazione della Sinistra 619 voti pari al 14%; la Lega 2442 pari al 15,74%; il Movimento 5 Stelle 1755 pari al 16,27%, l’Idv 838 pari al 8,51% dei voti, Sel 703 pari al 27,97% dei voti ottenuti. Il Partito Democratico ha espresso 13484 preferenze, pari al 26,44%.

Guardando alla coalizione vediamo quindi come un’ipotetica alleanza con l’Udc non necessariamente comporti uno spostamento di voti verso la nostra parte: il voto “controllato” risulta infatti il più basso di tutti i partiti che si sono presentati, escludendo l’Idv, partito chiaramente d’opinione e non presente veramente nel territorio.

Colpisce inoltre il dato della Lega, che del radicamento ne fa un vanto ma che non raggiunge buoni risultati dal punto di vista delle preferenze, e del Pdl, che giunge ad esprimere ben 21363 preferenze pari al 43,45% dei voti ottenuti, un dato su cui riflettere soprattutto riguardo al livello culturale dell’elettorato, sempre più basso, che non è più possibile dimenticare.

Per quanto guarda il dato regionale, la comparazione con le altre provincie emiliano-romagnole è disarmante per la nostra realtà: solamente Piacenza, con una Lega al 22%, fa peggio di Rimini per quanto riguarda il dato del Partito Democratico. La riconferma di Errani ha premiato il famoso “buongoverno”, ma i numeri della stessa dimostrano come sedersi sugli allori non sia più possibile nemmeno nel feudo emiliano. Il successo della lista 5 Stelle inoltre obbliga il Presidente ad intraprendere una forte innovazione nei programmi e negli uomini che li dovranno attuare; credibilità e capacità diventano, come dovrebbe già essere, imprescindibili per riconfermarsi nel governo regionale e locale e per creare una nuova classe dirigente capace di prendere in mano partito e amministrazione entro i prossimi 5 anni.

Passo al piano nazionale e chiudo.

Dire che è stata una vittoria non è possibile, non è possibile dire nemmeno che abbiamo tenuto. Abbiamo perso tutto il nord, tralaltro lasciandolo alla Lega, e il Lazio, nel quale nonostante una campagna del Partito Democratico non troppo esaltante, la candidata, radicalmente laica, Emma Bonino è riuscita a contendersi la vittoria contro lo schieramento Vaticano-Centro Destra ritenprando i sentimenti di una base che da tanto non viveva una mobilitazione così genuina. Campania e Calabria non le abbiamo perse, dopo gli ultimi governi Bassolino-Loiero semplicemente era impossibile vincerle. Teniamo al centro e in Liguria, magra consolazione dalla quale mi rinvigorisce solo la vittoria di Vendola, con un PD al solo 21%.

Ripensando a qualche mese fa possiamo vedere come le regioni nelle quali i candidati sono stati scelti dalle primarie sono state tutte ben riconfermate con l’esclusione della Calabria, Toscana, Umbria e Puglia hanno tutte ottenuto ottimi risultati. Tanti sono i vantaggi delle primarie, una campagna elettorale che comincia prima, una selezione forte e rappresentativa della classe dirigente, una mobilitazione positiva e democratica del nostro elettorato.

Dal voto è fondamentale capire come le elezioni non si vincano più ricercando l’appoggio di un centro moderato che non esiste più. Il centro “cattolico”, come viene spesso definito, è spappolato, inesistente, e a ben analizzarlo penso sia anche reazionario dal punto di vista dei diritti e clientelare dal punto di vista dei soldi. Le elezioni si vincono radicalizzando le proprie posizioni, Pdl-Lega docet, senza rincorrere fasce di elettorato inesistenti ma creandone uno proprio, culturalmente affine, compatto nelle intenzioni di voto. Siamo nella seconda repubblica e non dobbiamo ricadere in tentazioni proporzionalistiche che ricreerebbero un grande Ulivo, non-credibile politicamente e sul piano dei programmi.

Spero che non inizi un attacco alla leadership di Bersani, spero però che la linea politica fino ad ora seguita sia cambiata fortemente… per l’alternativa.

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